martes, 20 de septiembre de 2011

RADDRIZZARE LE GAMBE AI CANI-battaglia comunista-Sul filo del tempo-bordiga-1952-0529

RADDRIZZARE LE GAMBE AI CANI

Amadeo bordiga

Sul filo del tempo

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale era facile stabilire che poche settimane sarebbero bastate a disperdere l'illusione generosa ma inutile e vana di grandi movimenti rivoluzionari armati della classe lavoratrice, corrispondenti a quelli della fine della prima guerra.
Nella complessità dello sviluppo due erano gli aspetti principali, che ancora una volta accenniamo. Gli eserciti vincitori invece di contentarsi della resa a discrezione dello Stato Maggiore avversario e del potere politico governante, sopprimevano la funzione di entrambi totalmente, e occupavano ovunque il territorio dei paesi vinti stabilendovi uno stato di assedio militare indefinito. Da ciò la inutilità pratica del rapporto di forze favorevole tra classe proletaria e Stato sconfitto in guerra, e l'impossibilità di un rapido passaggio dall'adesione o dalla sopportazione della guerra al disfattismo. L'altro aspetto era la decomposizione del movimento rivoluzionario della Terza Internazionale, che avendo preso le mosse da una serie di deviazioni a destra nella tattica fin dal 1922, all'incirca alla costituzione del partito d'Italia, aveva con successive tappe disertato tutte le posizioni rivoluzionarie fino a ricollocarsi sul terreno dei movimenti traditori della Seconda Internazionale e della Prima Guerra, e peggio.
D'altra parte questi due fattori del rapporto di forze del dopoguerra erano visibili non solo dal principio della guerra, ma fin dal formarsi dei partiti borghesi totalitari di governo in vari paesi di Europa. Stabilitasi con questo fatto storico la prospettiva sicura di una nuova edizione di "guerra ideologica" in campo europeo e di "blocco interclassista" nei campi nazionali, i disertori del comunismo facenti capo a Mosca si erano tuffati in tale prospettiva politica nel modo più schifoso e crasso. Non era che un'aggravante il fatto che cessando di essere classisti e comunisti restassero totalitari, e che per manovra politica militare ed estera avessero una fase di amori coi borghesi totalitari nazisti.
Tirate le somme di queste premesse, la fase di ripresa del movimento proletario, tale da star lontano dalle antiche rogne opportuniste e dalla nuova e più paralizzante lue, si delineava misurabile non ad anni ma a decenni, ed il compito dei gruppi che avevano tenuta e difesa la posizione disertata dal novantanove per cento dei comunisti 1919 risultava lungo e difficile, e cominciava con un laborioso bilancio del disastro controrivoluzionario da esaminare, intendere ed utilizzare ad un totale riordinamento.
A ciò le forze limitate disponibili hanno lavorato in Italia - e forse ancor minori erano fuori d'Italia - già per un sette anni, ristabilendo i dati storici ed informativi e svolgendo il lavoro di analisi, che si è posto risolutamente di fronte e contro ogni pessimismo facile a concludere che, se le cose sono andate tanto al rovescio, i principii di partenza vanno se non in tutto in larga parte abbandonati e sostituiti. La rivista Prometeo e il giornale Battaglia Comunista hanno lavorato a tenere in piedi questo caposaldo della continuità della teoria e del metodo di azione dei comunisti.
Dato il compito ed i mezzi era non meno chiaro che una chiassosa ripercussione nella "politica italiana", come la capiscono quelli della radio e della stampa o degli altoparlanti elettorali, sarebbe mancata. Bisognava anzi decisamente augurarselo; ogni impazienza grossolana non ha fatto che rendere più lunga l'aspra via. Del resto i sensibili a queste emozioncelle il marxismo da un secolo lavora a toglierseli dai piedi. E quando, anche nel vento contrario, tanto avviene, è un buon risultato.
Base di un tale lavoro è stato il richiamo di opere e tesi fondamentali del movimento, dell'esperienza e della storia di esso da quando è sorto, ed il confronto dei recenti fatti storici con la visione originaria dei marxisti: quanto è stato elaborato trovasi distribuito in luoghi e studi diversi, con costante, instancabile riferimento alle citazioni necessarie.
I nuovi fatti, tale la nostra posizione recisa, non conducono a correggere le posizioni antiche né ad aggiungere ad esse complementi e rettifiche. La lettura dei testi di principio la facciamo oggi come nel 1921 e prima, la lettura dei fatti successivi nello stesso modo, le proposte sul metodo di organizzazione e di azione restano confermate.
Questo lavoro non è affidato né ad una persona né ad un comitato e tantomeno ad un ufficio, esso è un momento e un settore di un lavoro unitario che si svolge da oltre un secolo, e molto al di fuori dell'aprirsi e chiudersi di generazioni, e non si inscrive nel curriculum vitae di nessuno, nemmeno di quelli che abbiano avuto lunghissimi tempi di coerente elaborazione e maturazione dei risultati. Il movimento vieta e deve vietare iniziative estemporanee e personali o contingenti in tale opera elaborativa di testi di indirizzo ed anche di studi interpretativi del procedere storico che ci circonda.
L'idea che con un'oretta di tempo, la penna e il calamaio qualche buon figliolo si metta a freddo a rediger testi, o anche che lo faccia la cirenea "base" per l'invito di una circolare, o una effimera riunione accademica chiassosa o clandestina, è idea bambocciale. I risultati sono da diffidare e squalificare in partenza. Soprattutto quando una tale disposizione di dettami viene dai maniaci dell'opera e dell'intervento umano sulla storia. Intervengono uomini, dati uomini, o un dato Uomo con la maiuscola? Vecchia questione. La storia la fanno gli uomini, soltanto che sanno assai poco perché la fanno e come la fanno. Ma in genere tutti i "patiti" dell'azione umana, e i dileggiatori di un preteso automatismo fatalista, da una parte sono quelli che accarezzano - nel proprio foro interiore - l'idea di avere nel corpicciuolo quel tale Uomo predestinato, dall'altra sono proprio quelli che nulla hanno capito e nulla possono; nemmeno intendere che la storia non guadagna o perde un decimo di secondo, sia che essi dormano come ghiri, sia che realizzino il sogno generoso di dimenarsi come ossessi.
Con gelido cinismo e senza il minimo rimorso ad ogni esemplare superattivista più o meno autoconvinto di serissime funzioni, e ad ogni sinedrio di novatori e pilotatori del domani ripetiamo: "jateve a cuccà!". Siete impotenti anche a caricare la sveglia.
Il compito di mettere a posto le tesi e raddrizzare le gambe ai cani che deviano da tutte le bande, compito che si riapre sempre dove meno te l'aspettavi, vuole ben altro che la breve ora del congressino o del discorsetto.
Non è facile tentare un indice dei posti dove si è dovuto accorrere a turare falle, opera evidentemente ritenuta ingloriosa da quelli nati per "passare alla storia", con stile non tamponante ma sfondante. Pensiamo possa servire un piccolo indice, che ovviamente non è perfetto ed avrà ripetizioni ed inversioni. Indichiamo le tesi corrette a fronte di quelle errate: non chiamiamo queste antitési, pronunziato piano, che si confonde collo sdrucciolo antitesi, ovvero contrapposta presenza di due diverse tesi. Diremo: controtesi.
Anche per pure ragioni espositive dividiamo i punti in quattro settori, di evidente intercomunicazione: Storia, Economia, Filosofia (considerate il vocabolo tra virgolette). Trascuriamo di massima quelle vere e proprie tesi avversarie e borghesi che si oppongono diametralmente alle nostre, e di cui ben nota è la confutazione, e talvolta prendiamo come controtesi quelle che sono più che altro formulazioni scorrette, prevalse per cattivo vezzo da tempo e generatrici di equivoci non lievi.
Controtesi e tesi storiche
Controtesi 1. All'incirca dall'inizio del diciannovesimo secolo, la società è divisa in due classi in lotta: i borghesi detentori degli strumenti di produzione e i proletari salariati.
Tesi 1. Secondo Marx le classi nei paesi pienamente industriali sono tre: capitalisti dell'industria commercio e banca - proprietari fondiari, ben vero nel mondo borghese col libero mercato della terra agraria - lavoratori salariati.
In tutti i paesi, ma soprattutto in quelli ad industria poco sviluppata, e nel periodo in cui la borghesia non ha ancora preso il potere politico, sono presenti in diversa misura ancora altre classi, come: aristocrazia feudale, artigiani, contadini proprietari.
La borghesia prima, e in seguito i salariati, cominciano ad avere peso storico in vari tempi nei vari paesi: Italia sec. XV - Paesi Bassi sec. XVI - Inghilterra sec. XVII - Francia sec. XVIII - Europa centrale, America, Australia, ecc., sec. XIX - Russia sec. XX - Asia oggi. Ne seguono diversissime aree, e schieramenti, di lotte di classe.
Controtesi 2. I proletari sono e si mostrano indifferenti nelle lotte rivoluzionarie della borghesia contro i poteri feudali.
Tesi 2. Le masse dei proletari lottano ovunque sul terreno della insurrezione per rovesciare i privilegi feudali e i poteri assoluti. Nei vari paesi e tempi, una parte centrale della classe operaia ingenuamente vede nelle rivendicazioni borghesi democratiche una conquista effettiva anche dei cittadini poveri. Un altro strato vede che anche i borghesi che vanno al potere sono sfruttatori, ma è influenzato dalle dottrine del "socialismo reazionario" che vorrebbe allearsi, in odio ai padroni, colla controrivoluzione feudale. La parte più avanzata si porta sulla posizione corretta: tra padroni ed operai da essi sfruttati non vi sono rivendicazioni ideologiche e "civili" comuni, ma la rivoluzione borghese è necessaria, sia per aprire la via all'impiego a grande scala della produzione in masse collaboranti, che permette nuovo tenore di vita e maggiori consumi e soddisfazioni alla parte misera della società, sia per rendere poi possibile una gestione sociale, ossia proletaria in primo tempo, delle nuove forze. I lavoratori si battono quindi con la grande borghesia contro la nobiltà e il clero, ed anche (Manifesto) contro la piccola borghesia reazionaria.
Controtesi 3. Dove avvennero controrivoluzioni dopo la vittoria borghese (restaurazioni feudali e dinastiche) la lotta non interessò i lavoratori, perché si svolgeva tra due loro nemici.
Tesi 3. In ogni lotta armata per la restaurazione (sono esempi di questa le coalizioni antifrancesi) e contro di essa (esempi le rivoluzioni repubblicane francesi nel 1830 e 1848) il proletariato lottò e doveva lottare nelle trincee o sulle barricate coi borghesi radicali. La dialettica delle lotte di classe e delle guerre civili mostrò che tale aiuto era necessario alla borghesia proprietaria e industriale per vincere; ma appena dopo la vittoria la stessa si gettò ferocemente contro il proletariato che voleva vantaggi sociali e potere. Tale è l'unica via del succedersi inevitabile delle rivoluzioni e controrivoluzioni: quell'aiuto storico insurrezionale alle borghesie è la condizione per poterla un giorno sconfiggere, dopo una serie di tentativi.
Controtesi 4. Ogni guerra tra Stati feudali e borghesi, o insurrezione per l'indipendenza nazionale dallo straniero, fu indifferente alla classe operaia.
Tesi 4. La formazione di Stati nazionali con razza e lingua in massima uniforme è la condizione ottima per sostituire la produzione capitalistica a quella medievale, e ogni borghesia lotta a tale scopo anche prima che la nobiltà reazionaria sia rovesciata. Tale sistemazione, soprattutto dell'Europa, in Stati nazionali è per i lavoratori un trapasso necessario, poiché all'internazionalismo, subito affermato dai primissimi movimenti operai, non si perviene senza superare il localismo di produzione di consumo e di rivendicazioni proprio del tempo feudale. Quindi, il proletariato nel suo interesse di classe lotta per la libertà della Francia, della Germania, della Italia, degli staterelli balcanici, fino al 1870, epoca in cui questo assestamento può dirsi compiuto. Mentre dura l'alleanza nella azione armata, si sviluppa la differenziazione delle ideologie di classe, e i lavoratori si sottraggono a quelle nazionali e patriottiche. Soprattutto interessavano l'avvenire del movimento proletario le vittorie contro la Santa Alleanza, contro l'Austria nel 1859 e 1866, e in ultimo contro Napoleone III stesso, nel 1870; sempre contro la Turchia e la Russia; e per converso erano condizioni negative le sconfitte (Marx, Engels in tutte le opere, tesi di Lenin sulla guerra 1914). Tutti questi criteri si applicano al moderno "Oriente".
Controtesi 5. Dal momento che in tutto il continente o i continenti di razza bianca sono al potere i borghesi, le guerre sono di rivalità imperialista, non solo nessun movimento operaio ha interessi solidali col governo in guerra, e continua la lotta di classe fino al disfattismo, ma lo stesso esito della guerra in una o nell'altra direzione è privo di influenze sugli sviluppi futuri della lotta di classe e rivoluzione proletaria.
Tesi 5. Giusta Lenin, le guerre dal 1871 e dopo il periodo di capitalismo "pacifico" sono imperialiste, la loro accettazione ideologica è tradimento, e nel 1914, sia nei paesi della Intesa che in quelli tedeschi, ogni partito operaio rivoluzionario doveva fare opera contro la guerra e per trasformarla in guerra civile, soprattutto sfruttando la sconfitta militare.
Esclusa quindi ogni alleanza in azioni armate regolari o irregolari con i borghesi, non cessa di essere considerato il problema dei diversi effetti delle soluzioni militari, ed è vano sostenere che siano indifferenti le conseguenze di inversioni in così immense forze di urto. In linea generale può dirsi che è più sfavorevole al proletariato e alla sua rivoluzione la vittoria militare degli Stati borghesi più antichi, ricchi, e stabili socialmente e politicamente. Esiste un diretto legame tra lo sfavorevole decorso della lotta proletaria in 150 anni, che ha almeno triplicato il tempo calcolato dal marxismo, e la costante vittoria della Gran Bretagna nelle guerre contro Napoleone, e poi la Germania. Il potere borghese inglese è stabile ormai da tre secoli. Marx fece largo affidamento sulla guerra civile americana, ma la stessa non ebbe per risultato il formarsi di una forza capace di battere l'Europa, bensì di un contrafforte alla potenza inglese, che è divenuto gradualmente il centro attraverso guerre condotte in comune e non con un conflitto diretto.
Nel 1914 Lenin chiaramente indicò la soluzione più favorevole in una sconfitta militare delle armate dello Zar, che avrebbe reso possibile lo scoppio dell'urto di classe in Russia; e lottò con ogni forza contro la considerazione che l'ipotesi deteriore fosse la vittoria tedesca sugli anglo-francesi, pur bollando con ugual forza i socialsciovinisti germanici.
Controtesi 6. La Rivoluzione Russa non ebbe altro carattere che quello dello scoppio della rivoluzione proletaria nel punto ove i borghesi sono più deboli, e dal quale la lotta può estendersi agli altri paesi.
Tesi 6. È ovvio che la rivoluzione proletaria non può vincere che internazionalmente, e che si può e si deve iniziare ovunque il rapporto di forze è più favorevole, essendo puramente disfattista la tesi che la rivoluzione si debba cominciare nel paese di più sviluppato capitalismo, e poi negli altri. Ma per battere la posizione opportunista ben altra è l'impostazione marxista del punto storico.
Nel 1848 Marx considera che malgrado le violente lotte cartiste la rivoluzione di classe non esploderà partendo dalla industriale Inghilterra. Conta che il proletariato francese possa dare battaglia innestandosi alla rivoluzione repubblicana. Soprattutto considera come punto di appoggio la doppia rivoluzione in Germania, dove sono ancora al potere le istituzioni feudali, e tratteggia anche in precise disposizioni politiche la manovra del proletariato germanico: prima con liberali e borghesi, subito dopo addosso ad essi.
Per venti anni almeno e soprattutto dopo il 1905, in cui il proletariato russo appare in campo come classe, i bolscevichi preparano una simile prospettiva in Russia. Essa poggia su due elementi: decrepitezza delle istituzioni feudali che (per vile che sia la borghesia russa) saranno assalite - necessità della sconfitta che, come quella contro il Giappone, dia la seconda occasione.
Il proletariato e il suo partito, ben collegati in dottrina ed organizzazione coi partiti dei paesi da tempo borghesi, si tracciano questo compito: addossarsi la lotta per la rivoluzione liberale contro lo zarismo e per l'emancipazione contadina contro i boiardi, e quindi la presa del potere da parte della classe operaia russa.
Molte rivoluzioni nella storia furono sconfitte: alcune per non essere riuscite a prendere il potere, altre per una repressione armata che lo ritolse (Comune di Parigi), altre senza repressione militare ma per distruzione della trama sociale (Comuni borghesi italiani). In Germania l'attesa doppia rivoluzione vinse militarmente (più socialmente) il primo trapasso, fallì il secondo. In Russia la doppia rivoluzione vinse tutti e due i trapassi militari di guerra civile, vinse il primo trapasso economico sociale, perdette il secondo ossia quello da capitalismo a socialismo, benché non vi sia stata una invasione dall'esterno, ma come effetto della sconfitta proletaria internazionale fuori di Russia (1918-1923). Lo sforzo del potere russo è oggi non verso il socialismo, ma verso il capitalismo, in rivoluzionaria marcia sull'Asia.
Lo svolto storico che poteva avere al centro la Germania 1848 o la Russia 1917 non si può ripresentare, probabilmente, come rivolgimento interno nazionale, non essendo pensabile che analoga influenza mondiale possa avere ad esempio la Cina, d'altronde già in via di passaggio da feudalesimo a borghesismo.
Il punto debole per iniziare localmente la nuova fase rivoluzionaria internazionale poteva, da allora in poi, venire solo da una guerra perduta in un paese capitalistico.
Controtesi 7. Sebbene sia chiaro che il formarsi di sistemi totalitari di governo in paesi capitalistici nulla abbia a che vedere con le controrivoluzioni restauratrici di cui le tesi 2 e 3, e sia una attesa conseguenza della concentrazione economica e sociale delle forze, e quindi sia una ricaduta nel tradimento il ravvisare la necessità di un blocco proletario borghese per ripristinare in economia e politica il liberalismo, e adottare il metodo della lotta partigiana - e sebbene sia anche posizione sbagliata quella di appoggiare in caso di scontro tra Stati borghesi il gruppo avverso a quello che si prefigge di attaccare la Russia, per difendere un regime che deriva comunque da vittoria proletaria - alle soluzioni della Seconda Guerra Mondiale imperialista non si doveva attribuire alcuna influenza sulle prospettive proletarie di classe e di ripresa rivoluzionaria.
Tesi 7. Non esaurisce il problema storico che ogni valutazione crociatista della guerra, come conflitto di "ideologie" tra democrazia e fascismo, era tanto deteriore come quella del 1914, a motivi di libertà, civiltà e nazionalità. Tali scopi di propaganda coprono da entrambi i lati lo scopo di conquista di mercati e di potenza economica e politica; ciò è giusto, ma non basta. La fine del capitalismo non avverrà che come una serie di esplosioni dei sistemi unitari che sono gli Stati territoriali di classe: questo è il processo da individuare e, potendolo, da affrettare: dal tempo delle guerre imperialiste è escluso che lo si affretti con una solidarietà proletaria politica e militare. Ma non è meno importante decifrarlo, e adeguarvi la strategia della Internazionale dei partiti rivoluzionari. A tale linea di principio la politica russa ha sostituito la cinica manovra statale di un nuovo sistema di potere, e ciò dimostra che esso fa parte della costellazione mondiale capitalistica. Di qui il movimento della classe proletaria dovrà duramente risalire. E la prima tappa è: intendere.
Allo scoppio della guerra lo Stato di Mosca passa un accordo con quello di Berlino: non sarà mai abbastanza diffusa la critica di questo svolto storico, accompagnato dalla mobilitazione di argomenti marxisti sulla natura imperialistica ed aggressiva della guerra di Londra e Parigi, a cui sono invitati a non partecipare i partiti sedicenti comunisti nei paesi dei due blocchi.
Due anni dopo lo Stato di Mosca si allea con quelli di Londra, Parigi e Washington, e svolge tutta la propaganda a dimostrare che la guerra contro l'Asse è non una campagna imperialista ma una crociata ideologica per la libertà e la democrazia.
Di grande importanza per il nuovo movimento proletario non è solo lo stabilire che in entrambe le fasi sono abbandonate le direttive rivoluzionarie, ma il valutare il fatto storico che col secondo movimento lo Stato russo, mentre ha guadagnato forze e risorse per il suo avanzare capitalistico interno, ha contribuito alla soluzione conservatrice della guerra evitando con un enorme apporto di forza militare una catastrofe almeno del centro statale di Londra, per l'ennesima volta indenne dalla bufera bellica. Tale catastrofe era una condizione estremamente favorevole per un crollo degli altri Stati borghesi, cominciando da Berlino, per un incendio dell'Europa.
Controtesi 8. Nel presente antagonismo tra America e Russia (coi satelliti rispettivi) non vi è altro da considerare che due imperialismi da avversare allo stesso titolo, escludendo che l'una o l'altra soluzione - ovvero quella di compromesso duraturo - determinino grandi diversità di condizioni per la ripresa del movimento comunista e per la rivoluzione mondiale.
Tesi 8. Tale equivalenza e parallelo, quando non si limiti a condannare ogni appoggio agli Stati nella possibile terza guerra, ogni azione partigiana dai due lati, ed ogni rinunzia ad azioni disfattiste interne autonome del proletariato, dove ve ne fossero le forze, è posizione non solo insufficiente, ma dissennata. Non si potrà mai avere una visione della via per cui giunge la rivoluzione mondiale (visione necessaria anche quando la storia delude poi le possibilità favorevoli, e senza la quale non vi è partito marxista) senza porsi il quesito della mancata presenza di una lotta di classe rivoluzionaria tra capitalisti e proletari americani, ed anche inglesi, laddove più potente è l'industrialismo. Non è possibile separare questa risposta dalla constatazione della riuscita di tutte le imprese imperialiste e di sfruttamento del restante mondo.
Mentre i sistemi di potere in America e Inghilterra non hanno altra esigenza che la conservazione del capitalismo mondiale, e vi sono preparati da una lunga forza viva storica di movimento nella stessa direzione, e procedono con passo misurato verso il totalitarismo sociale e politico (altra inevitabile premessa al finale urto antagonistico) e mentre negli stessi satelliti di questo blocco vi è una situazione di avanzato regime borghese, nell'altro blocco le condizioni sono opposte, si rinvengono i territori europei ed extraeuropei ove ancora socialmente e politicamente la borghesia più recente lotta contro i resti feudali, e le formazioni statali sono giovani e ad ossatura meno consolidata; d'altra parte questo blocco è ridotto ad usare l'inganno democratico e collaborazionista di classe solo esternamente, ed ha già bruciate tutte le risorse del governo unipartitico e totalitario, abbreviando il ciclo. Ovviamente esso cadrà in crisi se vi cade il formidabile sistema capitalistico con centro a Washington, che controlla i cinque sesti dell'economia matura al socialismo, e dei territori ove vi è proletariato salariato puro.
La rivoluzione non potrà passare che da una lotta civile nell'interno degli Stati Uniti, che una vittoria nella guerra mondiale prorogherebbe di un tempo misurabile a mezzi secoli.
Poiché il movimento marxista non tralignato è oggi minimo, il suo compito non può giungere a mandare maggiori forze a dirompere internamente l'uno o l'altro sistema al che in principio tenderebbe; fondamentalmente si tratta di raccogliere i gruppi proletari (ancora tanto esigui) che intendono come a questo consolidamento della potenza capitalistica nei sistemi organizzati massimi ha in primo grado collaborato in trenta anni la politica di Mosca e dei partiti che sono con Mosca, creando prima con la falsa politica, e poi addirittura coll'apporto di milioni e milioni di caduti, il contributo primissimo al successo della criminale soggezione delle masse alla prospettiva di benessere e di libertà nel regime capitalista e nella "civiltà occidentale e cristiana".
Il modo con cui il proletariato inquadrato da Mosca la combatte all'interno dei paesi atlantici, è per questa civiltà maledetta il migliore successo e la migliore assicurazione; e ciò purtroppo anche ai fini delle previsioni sulla sorte di un attacco militare che da Oriente potrebbe essere portato.
Controtesi e tesi economiche
Controtesi 1. Il ciclo di svolgimento dell'economia capitalista va verso una continua depressione del tenore di vita dei lavoratori, cui viene lasciato solo quanto basta ad alimentare la vita.
Tesi 1. Ferma restando la dottrina della concentrazione della ricchezza in unità sempre maggiori in volume e minori in numero, la teoria della crescente miseria non significa che il sistema di produzione capitalistico non abbia aumentato enormemente la produzione dei beni di consumo rompendo la produzione parcellare e il consumo entro isole chiuse, progressivamente aumentando la soddisfazione dei bisogni per tutte le classi. La teoria marxista significa che nel fare questo l'anarchia della produzione borghese disperde i nove decimi delle centuplicate energie, espropria spietatamente tutti i medi detentori di piccole riserve di beni utili, e quindi aumenta enormemente il numero dei senza-riserva che consumano giorno per giorno la remunerazione, in modo che la maggioranza della umanità è senza difesa contro le crisi economiche, sociali e di spaventosa distruzione bellica al capitalismo inerenti, e contro la sua politica preveduta da oltre un secolo di esasperata dittatura di classe.
Controtesi 2. Il capitalismo è superato qualora si riesca ad attribuire al lavoratore la quota di plusvalore sottrattagli (frutto indiminuito del lavoro).
Tesi 2. Il capitalismo è superato quando alla collettività lavoratrice si renda, non la quota di profitto sul dieci per cento consumato, ma il novanta per cento dilapidato dall'anarchia economica. Ciò non avviene con una diversa contabilità di valori scambiati, ma togliendo ai beni di consumo il carattere di merci, abolendo il salario in moneta, e organizzando centralmente l'attività produttiva generale.
Controtesi 3. Il capitalismo è superato da una economia in cui i gruppi di produttori abbiano il controllo e la gestione delle singole aziende e queste trattino liberamente tra loro.
Tesi 3. Un sistema di scambio mercantile tra aziende libere autonome al loro interno, come può essere propugnato da cooperativisti, sindacalisti, libertari, non ha alcuna possibilità storica e non ha alcun carattere socialista. Esso è retrogrado anche rispetto a molti settori già organizzati alla scala generale in tempo borghese, come richiedono il procedere della tecnica e la complessità della vita sociale. Socialismo, o comunismo, vuol dire che la intera società è l'unica associazione di produttori e consumatori. Ogni sistema aziendale conserva il dispotismo interno di fabbrica e l'anarchia dell'adempimento al consumo dello sforzo di lavoro, oggi almeno decuplo del necessario.
Controtesi 4. Una direzione dell'economia da parte dello Stato e una gestione di stato delle aziende produttive, anche se non è socialismo, tuttavia modifica il carattere del capitalismo quale Marx lo studiò, e quindi modifica la prospettiva del suo crollo e determina una terza inattesa forma di post-capitalismo.
Tesi 4. La neutralità economica dello Stato politico non è stata che una rivendicazione dei borghesi contro lo Stato feudale. Il marxismo ha dimostrato che lo Stato moderno non rappresenta la società intera, ma la classe dominante capitalista; con ciò ha detto, dalla prima pagina, che lo Stato è una forza economica nelle mani del capitale, e della classe imprenditrice. Dirigismo e capitalismo di stato sono ulteriori forme di soggezione dello Stato politico al capitale imprenditore. Esse delineano il previsto antagonismo finale esasperato delle classi, che non è un urto di numeri statistici, ma di forze fisiche: il proletariato organizzato in partito rivoluzionario contro lo Stato costituito.
Controtesi 5. Data la inattesa forma dell'economia il marxismo, se vuole restare valido, deve cercare una terza classe che va al potere dopo la borghesia, gruppo umano dei titolari di capitale oggi scomparsi, e che non è il proletariato. Tale classe, che è quella che governa e ha privilegi in Russia, è la burocrazia. Ovvero, come si sostiene per l'America, tale classe è quella dei managers ossia dei dirigenti tecnici e amministrativi di aziende.
Tesi 5. Ogni regime di classe ha avuto la sua burocrazia, amministrativa, giudiziaria, religiosa, militare, il cui insieme è uno strumento della classe al potere, ma i suoi componenti non costituiscono una classe, poiché classe è l'insieme di quelli che stanno in una stessa relazione coi mezzi di produzione e consumo. La classe dei proprietari di schiavi aveva già cominciato a smobilitare non potendo nutrire i propri servi (Manifesto) quando la burocrazia imperiale regnava ancora, lottava contro la rivoluzione antischiavista e la reprimeva sanguinosamente. Gli aristocratici avevano conosciuta da tempo miseria e ghigliottina, che ancora le reti statali militari e clericali lottavano per l'antico regime. La burocrazia in Russia non è definibile senza un taglio arbitrario tra gli alti papaveri e il resto: in capitalismo di stato tutti sono burocrati. Questa pretesa burocrazia russa, e dal canto suo la managerial class americana, sono strumenti senza vita e storia propria, al servizio del capitale mondiale contro la classe lavoratrice. I termini a cui tende l'antagonismo di classe rispondono alla prospettiva marxista dei fatti economici sociali e politici, e a nessun'altra antica; tanto meno a nuove costruzioni frutto dell'attuale ottenebrata atmosfera.
Controtesi e tesi "filosofiche"
Controtesi 1. Poiché gli interessi economici determinano le opinioni di ciascuno, nel seno della attuale società il partito borghese rappresenta l'interesse capitalistico, e quello composto di operai il socialismo. Ogni problema si risolve dunque con una consultazione, non di tutti i cittadini, il che è la menzogna democratica borghese, ma di tutti i lavoratori che sono in una stessa situazione di interessi, e la cui maggioranza vede bene il suo generale avvenire.
Tesi 1. In ogni epoca le dominanti opinioni, la cultura, l'arte, la religione, la filosofia, sono determinate dalla situazione degli uomini rispetto alla economia produttiva e dai rapporti sociali che ne derivano. Quindi ogni epoca, specie al suo culmine e nel centro del suo ciclo, vede tutti gli individui tendere ad opinioni, che non solo non discendono da eterne verità o luci dello spirito, ma che restano lontane dallo stesso interesse del singolo, della categoria o della classe, per essere in larga misura plasmate sugli interessi della classe dominante e delle istituzioni che le convengono.
Solo dopo lungo e penoso contrasto di interessi e di bisogni, dopo lunghe lotte fisiche provocate dai contrasti di classe, si forma una nuova opinione e una dottrina propria della classe soggetta, che attacca i motivi di difesa dell'ordine costituito e ne prospetta una violenta demolizione. Fino a molto tempo dopo la vittoria fisica, preludio al lungo smantellamento delle influenze e menzogne tradizionali, solo una minoranza della classe interessata è in grado di porsi con sicurezza sulla via del nuovo corso.
Controtesi 2. L'interesse di classe determina la coscienza di classe, e la coscienza determina l'azione rivoluzionaria. Si intende per rovesciamento della prassi il contrasto tra la dottrina borghese secondo cui ogni cittadino deve farsi per motivi ideali o culturali un'opinione politica, e secondo questa agire anche contro il suo interesse di gruppo, e quella marxista, secondo cui gli interessi di gruppo e di classe di ognuno gli dettano la sua personale opinione.
Tesi 2. Il rovesciamento della prassi secondo la giusta visione del determinismo marxista significa che, mentre ogni singolo agisce secondo determinazioni ambientali (che non sono i soli suoi bisogni fisiologici ma anche tutte le innumeri influenze delle tradizionali forme di produzione) e solo dopo aver agito tende ad avere una "coscienza", in diversa misura imperfetta, e della sua azione, e dei motivi di essa; e mentre questo avviene anche per le azioni collettive, che sorgono spontanee e per effetto di condizioni materiali prima di divenire formulazioni ideologiche, il partito di classe raggruppa gli elementi avanzati della classe e della società che posseggono la dottrina del corso avvenire. È quindi il solo partito che, non ad arbitrio o per effetto di entusiasmi emotivi, ma procedendo razionalmente, è elemento di intervento attivo che nel linguaggio dei filosofi di professione si direbbe "cosciente" e "volontario". Conquista del potere di classe, e dittatura, sono funzioni del partito.
Controtesi 3. Il partito di classe costruisce la dottrina della rivoluzione, e nei nuovi eventi e situazioni la trasforma secondo le nuove necessità e le esigenze della classe o le sue tendenze.
Tesi 3. Una storica lotta di rivoluzione di classe, ed un partito che la rappresenta, sono fatti reali e non dottrinaria illusione, in quanto il corpo della nuova teoria (che altro non è che la discriminazione delle linee di eventi non ancora realizzati ma di cui si sono potute individuare le condizioni e le premesse nella precedente realtà) è stato formato quando storicamente la classe è apparsa in una nuova disposizione di forme di produzione sociale. La continuità, nel più ampio campo di tempo e di spazio, della dottrina e del partito della classe è la riprova della giustezza della previsione rivoluzionaria.
Ad ogni sconfitta fisica delle forze della rivoluzione segue un periodo di smarrimento che prende la forma di revisioni di capitoli del corpo teorico, sotto il pretesto di nuovi dati ed eventi.
Tutto il tracciato rivoluzionario sarà risultato valido soltanto quando e soltanto se, nel corso compiuto, si confermerà che dopo ogni scontro perduto le forze si ricostituiscono sulla stessa base e sullo stesso programma, che fu stabilito alla "dichiarazione di guerra di classe" (1848).
Ogni accingersi a costruzioni nuove e diverse della teoria - come dimostra non una filosofica o scientifica elucubrazione ma una somma di esperienze storiche tratte dalla lotta secolare del proletariato moderno - vale per i marxisti una confessione di aver defezionato.
Le delucidazioni su questi sintetici cenni sono sparse in numerosi scritti di partito, e relazioni su convegni e riunioni.
Il freno ad improvvisazioni pericolose non significa che di tale lavoro possa pensarsi un monopolio o una esclusiva in mano di chicchessia.
Può con miglior cura darsi ordine agli argomenti e può con maggiore chiarezza ed efficacia dettarsi l'esposizione. Con attività e studio può essere fatto meglio, in altri sette anni e in sette ore per settimana.
Se poi avanzano bruciatori di tappe, ed a mazzetti, converrà dire (come ricordammo una volta del frigido Zinoviev) che sono venti uomini di quelli che appaiono ad ogni cinquecento anni; ed egli lo diceva di Lenin.
Aspetteremo che siano imbalsamati. Noi non ci sentiamo da tanto.
Da “Battaglia Comunista" n. 11 del 29 de mayo de 1952

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